Sinopsis
Introduzione di Maurizio Casagrande «Xe ’ncora tuto rosso, / cofà ’na ferìa che no’ se inciava» [«È ancora tutto rosso, / come una ferita che non si chiude», Cue’a che credo (soneto), p. 2]: è racchiusa in questo distico, che chiude il sonetto incipitario, la chiave della presente silloge di Favaron, inscritta nel segno del lutto e della perdita irredimibile. Pa’ cuando Dopo no’ so cuanto tenpo so tornà a visitare la to casa, anca solo pa’ arieiare on fià le stanzhe. La gera voda. O, meio, gò trovà ’na scuea de acua e tre assi de legno. Lì par lì no’ gò savesto cossa pensar. Dopo gò capìo: te gh’è lassà l’acua pa’ cuando che gavarìa avu sen e pa’ farme ’na carega co i tre assi de legno. Renzo Favaron è nato nel 1958. Dopo un’iniziale plaquette in lingua, nel 1991 pubblica in dialetto veneto Presenze e conparse (Stamperia Valdonega, Verona). Del 2001 è il romanzo breve Dai molti vuoti (Manni, Lecce). A partire dal 2002 pubblica alcune minuscole plaquette presso le edizioni Pulcino Elefante. Nel 2003 pubblica Testamento (LietoColle, Faloppio), un’altra raccolta di poesie in dialetto, nel 2006 Di un tramonto a occidente (LietoColle, Faloppio), mentre nel 2007 Al limite del paese fertile (Book Editore, Bologna).
Il racconto La spalla (Robin B d V, Roma) è del 2005. Del 2009 è In cualche preghiera , LietoColle (vincitore del Premio Salvo Basso). Segue nel 2011 Un de tri tri de un , Atì Editore, Brescia (che raccoglie venti anni di poesia in dialetto) e, nel 2012, Ieri cofa ancuò (La Vita Felice, Milano). Del 2014 è il racconto breve Esordi invernali (CFR edizioni, Piateda). Segue, nel 2015, Balada incivie, tartufi e arlechini (Arcolaio, Forlì) e, nel 2018, Diario de mi e de la me luna (LietoColle, Faloppio). Piccolo canzoniere più bugiardo che vero (Controluna, Roma) è l’ultima opera pubblicata. Collabora con lit-blog che si occupano di poesia e narrativa.